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domenica 10 novembre 2013

Direttissima a Monte Sellaro





Il Monte Sellaro insieme allo Sparviere è l’ultimo balcone dell’estremo lembo orientale del Parco del Pollino che guarda verso lo Jonio.E’ una piramide rocciosa isolata che si staglia imponente sull’abitato di Cerchiara di Calabria,così che nonostante la sua quota non eccelsa, appare all’occhio dell’osservatore molto più elevata  dei suoi 1439 m.E’ un territorio carsico di notevolissima importanza per la presenza di circa duecento grotte,due delle quali davvero straordinarie,l’abisso del Bifurto,un budello che scende in verticale nelle viscere della terra per 680 m e la Grotta Serra del Gufo che ha un andamento più orizzontale allungandosi per circa due chilometri. Vi è inoltre un canyon di eccezionale bellezza che serpeggia ai margini dell’abitato di Cerchiara dalle quali pareti altissime costituite da rocce a franapoggio partono due vie ferrate molto interessanti.E poi,a completare il quadro natulastistico e turistico vi è una sorgente di acqua calda e sulfurea,la “Grotta delle Ninfe” già frequentata dagli antichi greci.Infine,a i piedi  del Panno Janco,la cima secondaria del Sellaro,sorge il Santuario della Madonna delle Armi (dal greco “Armon”ovvero roccia)meta di migliaia di pellegrini che ogni 25 Aprile giungono da ogni dove. Raggiungere la panoramicissima vetta del Sellaro non è difficile. Basta intraprendere  un facile sentiero che si stacca dietro il santuario e poi per rocce fino alla vetta per un’ora e trenta o due.




La mia idea era quella di realizzare una direttissima lungo la logica linea dello spigolo sud-ovest,superando eventuali salti rocciosi facendo uso di attrezzatura alpinistica. Purtroppo porzioni di fitta macchia mediterranea fatta di fastidiosi arbusti ci ha costretti a compiere degli aggiramenti per trovare passaggi più comodi tracciando in tal modo un percorso un po’ discontinuo non consentendoci di tenere la linea dritta come speravamo. Abbiamo così attaccato alle 13.45 il sentiero che da 1000 m.di quota parte presso un’area pic-nic a circa 600 m. dal santuario. Lo  abbiamo seguito in direzione Ovest per abbandonarlo dopo 15 min. inoltrandoci all’interno del bosco in direzione del primo salto roccioso.
 



































Ed eccoci alla prima lunghezza:30 metri,3 rinvii con fettuccia sfruttando piccoli arbusti di leccio su roccia un po’ marcia,difficoltà IV. Alle nostre spalle il bosco era acceso dei tipici colori autunnali,uno sgargiante spettacolo cromatico. Ci siamo addentrati nell’intricata vegetazione attraversando piccoli ma fastidiosi ghiaioni fino ad incontrare un piccolo salto,evitabile me che abbiamo voluto superare ugualmente spostandoci leggermente a sinistra: 10 m, 2 ottimi chiodi (IV).Abbiamo successivamente proseguito sul terrazzone in conserva per non slegare la corda che a fatica abbiamo fatto passare attraverso rami,rovi e quant’altro fino al terzo salto,un’imponente parete strapiombante con grotta decisamente insuperabile. Intanto il panorama sulla Piana di Sibari era superbo spaziando fino all’omonimo golfo.




Per trovare un passaggio più comodo,abbiamo individuato all’estrema sinistra uno spigolo superato il quale ci avrebbe permesso di affrontare la parte più alta della via. Sono riuscito a mettere un ottimo chiodo per assicurare un passaggio molto estetico di IV-  ma molto esposto (20 m.). Ci siamo ritrovati sulla grande cengia al di sotto delle rocce terminali di vetta. Da destra a sinistra tre canali puntavano decisamente in cima. I primi due,stretti ed eleganti  erano costituiti però da roccia estremamente erosa e sbriciolata,impossibili da risalire. Sarebbero stati eccezionali in inverno col ghiaccio ma da queste parti e a questa esposizione è già raro che nevichi.





Il terzo,proprio davanti a noi ,più largo e di roccia buona,con difficoltà di III- massimo, ma con qualche traverso esposto (da fare attenzione)ci ha permesso di rimontare gli ultimi 100 m. di dislivello fino alle ultime roccette a pochi metri dalla croce di vetta. Ad attenderci  c’era un gregge di capre incuriosite dalla nostra presenza. Abbiamo in tal modo toccato la sommità proprio mentre il sole tramontava dietro la sagoma del Dolcedorme.Tutto intorno il panorama era mozzafiato,lo sguardo si estendeva dalla Piana e dal Golfo di Sibari,alle Timpe e alla vasta catena che collega Serra Crispo al Dolcedorme fino a Timpa del Principe,e in lontananza la scura sagoma dei Monti di Orsomarso.
 


Dopo aver riposto l’attrezzatura negli zaini,io e Pasquale accese le frontali ci siamo avviati per la via normale che ci avrebbe condotto nell’oscurità del bosco al santuario che abbiamo raggiunto quando ormai era  buio pesto. Osservare questa particolare costruzione medievale che sembra fusa nella roccia illuminata con le lampade gialle e avvolti da un silenzio assoluto ed irreale ha senza dubbio creato un’atmosfera molto suggestiva e a noi,sazi di avventura e fatica non ci è rimasto che andare a recuperare l’auto che ci aspettava più in la.


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